Io, la mia Moto, la Strada…

Amo viaggiare, da sempre
Nella vita ho rinunciato a molte cose, un po’ per principio, un po’ per necessità, ma quando posso permettermelo, viaggio, cerco una meta che mi incuriosisce e la raggiungo.Ma come?
Il viaggio non è solo partire, guidare un mezzo o farsi portare, è un percorso interiore che si crea ancora prima della partenza: che cosa vedrò, cosa succederà, che tempo troverò, cosa dovrò portare con me, cosa potrò leggere di interessante sui luoghi da raggiungere, prima che la porta di casa ti si chiuda alle spalle ed inizi a mettere chilometri fra te e quella porta. La porta si chiude e il viaggio ha inizio. Scendo le scale con i bagagli. Avrò preso tutto? Lascio i bagagli in sosta davanti alla portineria. Esco dal portone e mi reco nell’autorimessa. Sono un po’ gravata dall’abbigliamento, perché i capi in pelle pesano. C’è un grande sorriso sul mio volto e la gente che incontro lo ricambia a sua volta. Aperti portoni e cancelli la vedo nell’angolo del posto auto: pulita, lucente, perfetta, come piace a me. E’ la mia Harley Davidson Sportster 883 Century.Hai mai pensato che mi piacessero le moto?
Guidare una moto non è una cosa che ti piace un po’: o ti piace o non ti piace
O vinci il timore di guidarla, o te lo tieni per sempre. Ed allora una moto è meglio non guidarla.Guidare una moto non è come guidare un'automobile.
Guidare una moto richiede un’attenzione speciale verso tutto quello che ti circonda. Richiede schemi corporei da imparare ed acquisire con il tempo e l’allenamento, per accompagnarla nella sua andatura e a sua volta farsi accompagnare. Per questo una moto si cavalca, legandola letteralmente al tuo corpo. Se quando vai in moto non hai quella sensazione:- o non hai ancora capito bene come si guida una due ruote;
- o non hai scelto la moto giusta per te.

Perché guido una Harley Davidson
Guido una Harley Davidson per caso. Ho iniziato a guidare mezzi a due ruote a quattordici anni, perché in famiglia avevano acquistato un motorino di servizio. Siccome non si doveva avere alcuna pretesa (il motorino serviva a fare commissioni) mio padre non aveva badato troppo al look del mezzo. Anzi, ricordo che era veramente brutto, ma mi è servito a fare esperienza, compresa qualche caduta. Strada facendo e cambiando fidanzatini, a diciotto anni me ne è capitato uno che guidava una DKW 125, moto da regolarità. Su quella moto, che guidavo, ho capito il funzionamento di una moto con cambio, marce, frizione, freni anteriori e posteriori e non mi sono più liberata dal desiderio di averne una mia. Gli anni sono passati, da allora non avevo più guidato una moto. Ho percorso molti chilometri come passeggera su una Honda 600 XL (grande enduro!), ma senza guidarla. Era troppo alta per me e non mi sentivo sicura. Ma l’emozione della guida mi mancava veramente tanto.I compagni cambiano, la moto resta
Il mio allora compagno di viaggio e di vita, motociclista della Honda XL, un giorno d’estate 2003 mi disse: perché non vendiamo l’Honda e ci compriamo un’Harley Davidson? Quest’anno l’Harley compie 100 anni. Così visto che hanno il baricentro basso, la puoi guidare anche tu. Che cooosa??? Dissi io. Ma quelle moto pesano tantissimo, come farò a guidarla? E poi è troppo tempo che non guido, dimmi come farei a riprendere a guidare, su una moto che pesa 250 kg? Detto, fatto. A luglio avevamo acquistato la più piccola della serie, la Sportster 883 Century (del 2003, anno del Centenario Harley Davidson), ormai fuori produzione, ancora a carburatore, ma da futuri collezionisti.
Rigorosamente nera
Quando siamo andati a ritirarla in concessionaria, il desiderio di salire in sella e guidarla è stato enorme. Rigorosamente nera, cromatissima, luccicante, mi ha ammaliata come una strega. Infatti la mia moto si chiama Amelia. Non ci ho messo molto a volerla guidare. Per sicurezza, il mio compagno mi consigliò di prendere qualche lezione di guida, per rinfrescarmi la memoria, prendere confidenza con il mezzo e i pesi da bilanciare. Una Harley Davidson è più difficile manovrarla da ferma che quando è in marcia. In poco tempo ho preso dimestichezza, e poi mi sentivo veramente bene quando ero sola con lei.
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Gabriella Gai
Sono Gabriella Gai, vivo e lavoro a Torino. Eclettica di natura ho sviluppato esperienze professionali diverse con un comune denominatore: creatività, progetto e realizzazione. Il mio studio per il riciclo e il riuso dei materiali hanno dato vita ad un progetto dedicato interamente al riciclo del jeans per produrre moda e un lusso sostenibile esteso anche ai complementi di arredo ed alla cura del cane di casa. Il profilo Google di Gabriella Gai
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